( è stata scritta a due mani, il conteggio delle mie parole è 2.958w )

[ per la missione 4 - rating SAFE ewarning SLASH oppure FEMSLASH ]

 

Tra noi finisce sempre nel sangue

 

Una pioggia di raggi di luna che si intravedono tra le nuvole e colano su di un corpo in mezzo al giardino e musica che incanta e soffia insieme all’aria.

Note di violino. Struggenti, che si rincorrono l’un l’altra in un drammatico crescente che vibra e ulula alla luna, grazie all’archetto che si muove ad amare e torturare le corde di uno Stradivari. E, con i piedi che poggiano tra l’erba, nonostante sembra che neppure la tocchi, il Sakuya suona per attirare le anime erranti al proprio cospetto ed attendere che si inchinino davanti a lui. Idiozie. Forse. Ma non per questo la musica appare meno perfetta o “magica”, soprattutto visto la figuretta che la sta eseguendo. Tanto piccola da sembrare una bambola, o un cherubino che suona per il proprio Dio e al proprio Dio è rivolto lo sguardo socchiuso. Languido di piacere. Che esprime tante di quelle cose, che non sembra neppure il solito Sakuya Tsukigami inespressivo e dal volto di neve: fredda, bianca e impersonale. L’azzurro dei suoi occhi invece, è come se fosse vivo al pari dell’argento e danzassero entrambi nelle sue iridi, scontrandosi l’un l’altro per decidere chi dei due colori debba prenderne il pieno possesso.

I capelli sono una colata d’argento, quasi luccicano sotto la luce lunare e incorniciano un visetto senza tempo che non mostrerà mai la sua reale età. Lineamenti dolci. Delicati. Fragili perfino, come le braccia, il busto esile o le gambette, di una pelle tanto bianca da poter essere trasparente. Indossa, ovviamente, abiti bianchi, perché l’unica nota di un colore reale sia il violino che stringe tra le dita sottili e affusolate.

Gli stivaletti di cuoio bianco pian piano indietreggiano, in movimenti eleganti, con i piedi che si mettono perfettamente l’uno dietro l’altro, posizionati un po’ in obliquo, quasi camminasse su un’invisibile asse di legno. Non guarda neppure dove va, cammina fino ad arrivare al bordo della vasca della fontana al centro dell’enorme riproduzione dei giardini di Versailles e, con un balzo felino, che compie con una facilità disarmante, vi sale sopra. Suonano da lì. Pantaloncini che arrivano alle cosce ed una camicetta bianca, senza maniche, stretta al collo da un pomposo e grosso nastro bianco chiuso sul lato.

E se il piccolo e dolce cherubino suona, per richiamare a se le anime erranti, non è il Duca di Francia a ritrarsi al suo richiamo, al suo canto ed alle sue melodie, perchè se c'è un'anima errante, dannata, peccaminosa, abbracciata ed avvolta dall'oblio, beh... si tratta del nostro Nobile vampiro dallo sguardo Bicromo.

Raphael avanza, inevitabilmente, uscendo dall'atrio dell'accademia dopo una tranquilla discussione con il direttore sfociata in risate e frecciatine silenziose che lasciano un che d'amaro in coloro che potrebbero credersi colpite da queste, ovviamente non è il caso del Duca che avanza, avvolto nella propria divisa scolastica rigorosamente bianca ed elegante, con tanto di cravatta tenuta decisamente larga al collo e camicia appena sbottonata al collo.

Sembra strano eppure quella camicia nera si tiene all'interno dei pantaloni ma senza uno specifico motivo. Lunghi capelli corvini raccolti nel solito fiocco nero all'altezza della nuca e due semplici e solite ciocche che ne contornano un volto maturo, mascolino e dai lineamenti eleganti e perfidi, suadenti.. lascivi e malefici, Dannati. Avanza ancora, tranquillo, stampandosi quel solito ghigno nell'angolo destro delle labbra quando la figura del cherubino si para dinanzi al proprio sguardo specchiandovisi all'interno e, se questo sta cantando e chiamando a se il proprio Dio, non potevamo di certo mancare

Purtroppo però, Raphael non è un Dio. Non lo è, soprattutto per Sakuya.

Il Vampiro dai capelli d’argento non ferma la propria musica, ma lascia che raggiunga la fine della melodia, continuando a passare l’archetto sulle corde e facendole tremare come fossero le proprie amanti. Sapientemente. Con il sadico piacere di chi ama farsi attendere prima di portare chiunque all’estasi.

Infine, semplicemente, la musica scema nel silenzio e lo sguardo, da che era rivolto verso il cielo, osservando la Luna, si abbassa a cercare la figura del Duca.

Ha sentito la sua aura avvicinarsi, così come ha captato le aure di chi ancora è rimasto in Accademia, per le lezioni della NightClass, per la noia o perché ha altro da fare.

L’odore di Raphael, ora comunque spicca su tutto il resto, a causa della sua vicinanza. < Sono già finite le lezioni? > Domanda, come se lui non avesse nulla a che fare con quelle lezioni. Ah, sì, certo, come no.

Dovrebbe frequentarle invece, qualche volta magari, così avrebbe la possibilità di re-incontrare Ezequiel visto che sono giorni che non lo vede e non ha il piacere di assaggiare i suoi occhi o il suo sangue. Il violino viene stretto tra entrambe le braccia, in un abbraccio possessivo atto a proteggere lo strumento da qualunque cosa ed evitare che cada.

Avanza, lungo la vasca della fontana, elegante come un gatto, spostandosi di qualche passo più a destra e poi tornando sulla sinistra. Indeciso. Dando il profilo a Raphael e dondolando il capo un po’ a sinistra e un po’ a destra, quasi si stesse divertendo a temporeggiare, come se volesse dirgli qualcosa che, invece, non dice. Tace, tenendosi per sé, custodendo gelosamente il segreto e limitandosi a spiarlo solo con la coda dell’occhio.

Raphael continua a muovere tranquillo il proprio passo, armandosi della dovuta e naturale eleganza.

Socchiude per qualche breve istante le palpebre quand'ode le note di quella delicata e soave musica terminare, cercando di nutrirsi sino all'ultimo sibilo di tonalità quella magnificenza per potersene riempire e saziarsene, così che possa avvedersi delle dovute provviste sino all'attesa del nuovo canto del cherubino.

Inarca per un istante il sopracciglio nell'attimo in cui il proprio corpo si porta ad una minima distanza dall'altro che appare sollevato sul bordo della fontana e, lascia ch'educatamente le mani scivolino all'interno di entrambe le tasche dei classici e chiari pantaloni <no, stanno continuando> sentenzia, destando maliziosamente l'angolo destro delle labbra lasciando che quel tono roco e beffardo si faccia spazio tra queste <e tu? Sei rimasto fuori a studiare un modo per sembrare più alto di me... a quanto pare > termina, guardandolo lentamente da piedi a capo.

Sakuya non si stupisce della velocità con cui Raphael si è avvicinato, si mette solo al sicuro spostandosi un po’ più in là lungo la fontana e poi alzando il visetto efebico verso la facciata dell’accademia. La osserva quasi possa vederci all’interno e osservare le aule con i suoi parirazza occupati durante le lezioni.

Reclina il capo di lato, sulla spalla, lasciando che, in parte, una cascata di capelli argentati sfiori la stoffa della camicia, depositandosi anche sul grande fiocco bianco. < Le vostre battute sono noiose. Come al solito. > soffia, la sua voce senza sesso. < Non ve l’ho già detto più di una volta? > che noia doversi ripetere sempre, sempre, sempre.

Ha anche riportato il proprio sguardo verso il Duca, inginocchiandosi per arrivare alla custodia dello Stradivari poggiata lì vicino e riporlo con una cura maniacale che riserva a tutte le cose preziose. Fratelli compresi. Naturalmente.

Quando la serratura della custodia scatta con un “clic” si è già rialzato in piedi, alzando anche gli occhi alla luna e riabbassandoli con lentezza, incontrando nuovamente il volto del Vampiro. 

< Se vi intimorisce che io sembri più alto di voi soltanto salendo su una fontana, allora avete parecchi problemi da risolvere > E gli dispiace seriamente eh, ma proprio tanto. Ma anche no < Non ho certo bisogno di essere alto, per essere quello che voglio. > termina, anche se non ne è del tutto sicuro. Ma non importa.

Tanto ha già sospirato per cambiare argomento e portare le mani a distendersi lungo i fianchi.

< Come vi è sembrata? > domanda. Si riferisce alla musica naturalmente.

Raphael scuote il capo nel sentire le parole che il giovane vampiro pronuncia in propria direzione.

Si libera in un semplice ghigno malizioso che lascia intendere qualunque cosa, così che non possa essere ben chiaro il pensiero del Nobile maggiore che, forse.. a dirla tutta, non ha pensieri così poco raggiungibili, o almeno... in parte. 

<E tu sei insistente> sbotta, quasi seccato, perché forse sotto sotto un po’ comincia ad infastidirlo quell'atteggiamento che l'altro riserva sempre ai riguardi del Duca di Francia.

< Insistente. > è però l’eco di Sakuya, che Registra, anche se non riesce a cogliere appieno il senso di ciò che gli è stato detto. O, più che altro, il motivo. < Non lo sono. > afferma infatti, con la convinzione di un principino capriccioso fermo sulla propria decisione. Ha anche alzato il mento, con fierezza e orgoglio, ma quando Raphael parla di complessi, dandogli ironicamente del voi, il volto si muove di lato, distogliendo lo sguardo e le dita si chiudono nei pugni. 

Raphael lascia che un profondo respiro riempia inutilmente il proprio addome, come se infondo ne avesse vitale bisogno e... lo sgonfia, con la dovuta tranquillità e calma, lasciando entrambe le mani affondate e rilassate in quelle tasche che al momento sembrano il rifugio migliore per quelle dita .

<Errate, mio caro Cherubino> controbatte, con tono roco e basso, profondo... e dannatamente beffardo <Avete bisogno di lezioni comprensione. Non mi sembra d'aver detto d'essere intimorito, al contrario... un complesso davvero fastidioso per voi tanto da spingervi ad ergervi in piedi su di una fontana> sbotta pungente e beffardo, dandogli del rispettoso Voi semplicemente per schernirlo o mantenerne distanze non create sino ad oggi, non da parte propria.

< Non siete ambizioso dunque> conclude per l'ennesima volta, lasciando che gli occhi bicromi scivolino con tranquillità sulla superficie che contiene l'oggetto musicale dell'altro prima d'esprimersi in un <come sempre... >

Sakuya stringe la presa alla custodia del violino.

< Voi non sapete niente di me, quindi fatemi il favore di tenere la bocca chiusa quando non è necessario che esprimiate il vostro parere. > afferma, sibillino, con una chiara nota di cattiveria che, tuttavia, non trabocca mai dalla voce melodica di sirena. Parla come un nobile di antichi natali, prigioniero di decenni passati fatti di cavalieri, feudi, re e regine, ma, se avesse un traduttore o se ci fosse uno dei suoi fratelli a parlare per lui, di certo sarebbe un “Vaffanculo, stronzo” quello che ha appena pronunciato.

Quindi vaffanculo, stronzo!

Non riesce a trovare neppure quel po’ di piacere narcisistico che pensava di ricevere con i mille complimenti che gli spettano per la propria musica. Neppure ci prova il Duca a riempirlo di complimenti, pensa invece a parlare della propria stupida altezza, come se ne sapesse qualcosa lui che ha un corpo perfetto. 

< E’ chiaro che io e voi non avremo mai nulla ad accomunarci. Voi avete la vostra boria e io… > e lui la sua misera altezza, ma col cazzo che glielo dice, invece si morde il labbro.

Non c’è un motivo vero e proprio per cui abbia dovuto dire una cosa del genere. Ce l’aveva lì, sulla punta della lingua da tempo e gli è scivolata senza che sprecasse tempo a pensarci, stimolata dalle frasi del Duca.

< E visto che non c’è niente di voi che attiri il mio interesse e viceversa, potete congedarvi. > 

È solo un bisbiglio il suo, così basso da essere quasi inudibili, ma sono entrambi Vampiri ed entrambi Nobili e questo concede loro di avere un udito molto sensibile. Fin troppo in certi casi, magari anche adesso visto che non è convinto di volerlo per forza cacciare. Il suo odore gli piace. I suoi occhi gli piacciano. Il suo corpo gli piace perché è quello che vorrebbe lui, grande e forte.

Ma se deve continuare a sentirsi sempre più piccolo, allora preferisce che si levi dalle palle e vada ad offendere qualcun altro.

Raphael, però, non si allontana. Perché, come al solito, è abituato a fare solo ciò che vuole lui.

E infatti riprendere a parlare.

< So più di quanto crediate, perchè lasciate capire più di quanto vogliate. > 

Se Sakuya vuole ostinarsi a parlare in modi aristocratici, nemmeno il Duca di Francia sarà da meno, lui che è così vecchio da aver visto nascere e morire generazioni di umani.

La verità è che la bellezza dell’essere umano sta proprio nella sua mortalità, ma questo non è un pensiero condiviso da molti vampiri e, in realtà, non importa neppure a Sakuya che abbassa il volto, portando con sé gli occhi di un colore inesistente in natura e conduce lo sguardo verso l’acqua, osservando la propria immagine riflessa con cipiglio. Attentamente, cercando quelle tracce che lui mostrerebbe pur non volendo. 

< Io non vedo niente. > afferma, dando le spalle a Raphael e chinando il busto in avanti, per sporgersi maggiormente nella fontana e guardare l’acqua. Non c’è niente lì. A parte un volto bianco e occhi che chiamare a questo modo è più eresia. E che si spalancano, di malcelato stupore. Incredulità. Prima di ricolorarsi di disgusto nel momento in cui la propria aura ha un picco, innalzandosi intorno al proprio corpo ed avvolgendolo come un serpente, per poi chetarsi.

Raphael scrolla le spalle.

< Siete così acido e scontroso, così umano > e questa, tra tutte potrebbe essere l’offesa peggiore per un Vampiro nobile come loro.

< Non osate. > ringhia Sakuya a denti stretti < Credete che invece le vostre stupide battute e il vostro senso dell’humor siano meno umane? Guardate voi stesso prima di muovere accuse contro di Me. > perché quella di essere umano, non è un’offesa, ma un’Accusa. Un’onta. Per chi considera quelle creature nient’altro che cibo. Sangue. Di cui a malapena nota l’involucro esterno fatto di carne ed ossa e sentimenti e voci e… Ha voltato solo il capo, rivolgendo uno sguardo che brucia umana passione (echecazzo!) verso il Duca.

< Ed io non sono un lurido umano > Ricalca con enfasi. Non è umano, così come non dev’essere uno pro-uguaglianza tra le razze.

Raphael sorride consapevole di aver infilato il dito nella piaga, ghigna beffardo e malizioso e le parole di Sakuya non hanno fatto altro che istigarlo. E, forse, anche irritarlo < Sembra solo dispiacervi il fatto di non aver nulla in comune alla mia persona. Perché dovreste assomigliarmi? Ciò che mi spinge a voi è la vostra diversità. > 

Lascia che la conclusione dell'altro lo avvolga e ne colpisca il proprio udito fino a lasciar ch'entrambe le mani fuoriescano dalle tasche dei pantaloni chiari ed eleganti, spostando il mento al cielo cercando di cogliere almeno una sola stella tra quelle fastidiose nubi che ne eclissano la loro magnificenza.

Alla fine, comunque, decide di dare retta al più piccolo, dandogli il profilo per guardarlo solo con la coda di un occhio.

<se è questo che desiderate. Ma badate a parlare per il vostro di pensiero, evitate d'esprimere quello altrui quando non ne siete a conoscenza> conclude, dandogli quindi anche le spalle. 

Sakuya continua a fissarlo in quel modo, fin quando non lo vede voltarsi, soltanto allora le palpebre sbattono un paio di volte. Confuso, forse perplesso, mentre ascolta le parole di Raphael e, ancora una volta, non le capisce appieno.

Prova fastidio. Per un sacco di cose: perché detesta non capire, perché è Raphael che non si spiega mai bene e, soprattutto, perché ha osato dargli le spalle. Anche se è stato lo stesso Sakuya a congedarlo. 

Si volta completamente, portando anche il busto verso il Duca.

 < Fermo. > ordina < Adesso non potete più andare. Prima dovete spiegarvi. > 

E, se Sakuya non fosse Sakuya ma fosse un semplice essere umano, probabilmente si complimenterebbe con se stesso per la scusa che ha trovato pur di far rimanere Raphael.

Raphael arresta il passo lentamente all’ordine dell’albino, infastidito anche dal fatto che il più piccolo creda davvero di avere un qualche potere su di lui.

< Spiegare, > sbuffa < sapete benissimo quel che vi ho detto, non fate lo stolto! Non vi spiegherò nulla che la vostra comprensione non apporti > ribatte ancora, lasciando che le labbra si colorino della dovuta malizia e suadenza ad un pensiero che inevitabilmente espone a tono basso e lascivo, roco...profondo < basta chiedermi di restare per non farmi proseguire, infondo sappiamo benissimo entrambi che non siete così sciocco da non aver compreso la mia favella. >

A quella mancanza di spiegazione i denti di Sakuya si digrignano in una smorfia infastidita, mostrandosi perfetti e perlacei tra le labbra rosa pallido appena sollevate. 

< Io non devo chiedere proprio nulla. > 

Si abbassa sulle gambe per lasciarsi seduto sulla fontana, andando con la mancina a ricercare la custodia del violino per avvicinarla maggiormente a sé e assicurarsi che non si bagni, anche se può vederlo perfettamente che non c’è una goccia che sia una che si sia depositata lì sopra.

Non è intenzionato a chiedere nulla a Raphael e, ancora una volta, dimostreranno entrambi di essere stupidi, orgogliosi ed infantili. 

< L’unica cosa che capisco è che voi vi divertite a dare aria alla bocca in mia presenza e che mi date dell’umano ben sapendo che non lo sono. Il che, mi suggerisce che non avete una grande opinione di me, a meno che non siate uno di quegli stupidi che trovano qualcosa di piacevole in quelle sacche di sangue. > scrolla le spalle esili, all’apparenza poco interessato ad approfondire il discorso.

Raphael lascia che un profondo respiro riempia il proprio ventre per poi sgonfiarlo e, socchiudere per un istante le palpebre. Sarà che il discorso precedente con Cross l'ha stancato ed annoiato, sarà che la questione Ashura / Akihiko /Reika sta diventando insostenibile e Noeru quando serve non c'è mai...

< Visto che non c’è niente di voi che attiri il mio interesse e viceversa. Queste sono state le vostre parole e la vostra opinione espressa a me, almeno fino a quel viceversa. > si volta solo in parte, dandogli il e reclinando il mento verso la spalla, così che lo sguardo si possa focalizzare su quella presenza e possa trovare riflessi in se i suoi occhi ì.

< La vostra unica certezza è il disinteresse che avete per me, ma io non ho mai detto di ricambiare. > 

È come se a quelle parole l’odore di pioggia si faccia più intenso. Sakuya sposta appena lo sguardo verso il cielo, anche se non sente caldo o freddo e, se anche piovesse, non ci sarebbe nessun fastidio per lui, a parte forse la sensazione degli abiti appiccicati al proprio corpo.

Ci vuole tempo perché sussurri un < Va bene. > rassegnato. Continuerà a non capire i modi di Raphael ed il suo sarcasmo. Sakuya è abituato ad insultare gente perché pensa davvero ciò che dice loro, non riesce quindi a comprendere perché il Duca prima lo sminuisca prendendolo in giro e poi smentisce. È un comportamento innaturale per cui, forse, dovrebbe andare a chiedere spiegazioni a Noeru, lui di certo ne capirebbe di più.

Il Vampiro albino sospira senza fiato, nell’imitazione di un respiro.

< Allora restate. > che è l’ennesimo ordine camuffato da… da qualcosa, mentre le prime gocce che si infrangono sul corpicino del Vampiro d’Argento. < Anche se rimanete strano. > e che sia un complimento o un’offesa, non è dato di sapere. Probabilmente non è nessuno dei due.

Raphael avanza verso la fontana, osservando ancora il nobile ma stavolta dall'alto al basso, accarezzando quell'addome sino a perdersi tra le cosce dell'altro, guardandolo in piedi e, avvicinandosi ancora, sino a portarsi a pochi centimetri di distanza. Allunga la destra con un movimento lentissimo, quasi impossibile per un vampiro dosare tanto quella velocità di cui dispongono per natura e, cerca d'avvicinare quella mano all'altezza del collo dell'altro, cercando di sfiorarlo con la punta dell'indice e subito dopo afferrarne la nuca per avvicinare quel volto a sé

Sakuya ne segue il movimenti, sollevando la propria mano sinistra e posandola alle sue dita, mentre la propria nuca viene tirata verso l’altro. Respira odore di pioggia e quello del sangue del Duca, abbassando per qualche istante lo sguardo a seguire la traiettoria dei suoi occhi bicromi.

Raphael l'accarezza con la punta dell'indice per scivolare all'altezza del suo collo e cercare d'impossessarsi della sua nuca, lasciando che l'esile e piccola mano dell'altro possa stringere le proprie dita ed a sua volta, stringere incurante quella nuca per spingerla con una lentezza maniacale verso il proprio viso, ancora e ancora verso quel volto dai lineamenti marcati e mascolini ed a quello sguardo bicromo che continua a scrutarne il volto del vampiro minore in ogni suo aspetto, ogni suo lineamento sino a focalizzarsi in quegli occhi che cercherebbe di rapire, incatenare ai propri prima di scivolare verso il basso e, cercare quelle labbra che sfiora con insistenza, quasi come se davvero le proprie labbra le stessero sfiorando, come se davvero quella lingua che ora si libera dalle proprie labbra, le stesse bagnando già da tempo e invece no, sol'ora ci prova ad avanzare con la punta della viscida per accarezzare e ridisegnare quelle labbra dal taglio perfetto, per cercare quell'altro quasi come una serpe ambisce la propria tana

Per Sakuya è un po’ come assistere da spettatore alla costruzione di un film, fotogramma dopo fotogramma, col volto perfetto del Duca che si fa sempre più vicino, le sfumature dei suoi occhi che si fanno sempre più definite e l’odore del suo sangue che lo circonda e manda a puttane i propri sensi, riducendoli soltanto alla sete. Sangue. Sangue. Sangue. Non gli interessa molto altro neppure quando la lingua del Vampiro scivola contro le proprie labbra, ad incontrare la propria che le accarezza soltanto per la sete. Ma a quel tocco, con il sapore di lui che inizia a mischiarsi al proprio, le labbra si schiudono ed il volto si avvicina maggiormente al suo, per approfondire il bacio o soltanto per averne ancora di quello strano sapore. Che non è sangue. Ma è abbastanza delizioso da attirare la sua attenzione.

Eppure cerca di spostarsi quasi subito più indietro, a dispetto della mano che lo trattiene alla nuca. Non di molto, gli basta qualche millimetro di distanza, sufficiente perché possa osservarne meglio le labbra e poi cominciare a leccarle, con curiosità, spingendosi sempre un po’ di più contro di lui e spingendo sempre un po’ di più la lingua nel suo antro. In un altro bacio.

Curioso.

E soprattutto affamato. Perfino la destra si è sollevata ora per cercare di affondare tra i capelli di lui e stringerli con forza tra le dita, senza neppure preoccuparsi di dosare la propria forza, perché più preoccupato a fare altro.

Raphael lo lascia avvicinarsi, lascia che quegli occhi scrutino ogni dettaglio del proprio corpo, del proppio volto e dei propri occhi bicromi prima che la propria lingua delinei in ogni singolo dettaglio quelle rosee e perfette labbra per poi cercarne l'interno di quella bocca come una tana. Chiude la bocca infine, pungendosi la punta della lingua su cui le prime gocce di sangue rotolano. E lo bacia, riempiendolo del suo sangue e controllando ogni singola e minima cellula che si perde su quella lingua viscida ed umida dell'altro che lo accarezza mentre la mano libera s'allunga sino al fianco del minore per stringerlo e, spingerlo con vigore al proprio corpo.

Davanti a quel sapore innaturalmente dolce, amaro, pieno, quasi come l’ambrosia, i pensieri di Sakuya si svuotano di nuovo per riempirsi soltanto del sangue del Duca depositato sulla propria lingua. E lo cerca. Lo vuole. Lo brama. Ancora. Morbosamente.

Rimane stupito quando all’inizio il suo sangue scivola nel proprio antro, gli occhi si spalancano e la bocca rimane dischiusa, immobile a cercare di concepirne il senso o anche solo il gusto. Poi, però, lo stupore passa. Si spinge a propria volta contro il corpo del Duca, sollevando entrambe le mani per cercare di circondarne il collo in un abbraccio che, di dolce, non ha assolutamente niente. È spietato invece. Prepotente. Geloso. Forte.

Se l’altro si aspettava riconoscenza, ce l’avrà. Soltanto dopo che Sakuya si sarà dissetato.

Raphael lascia che il proprio sangue scivoli ancora ed ancora su quella lingua ma, col cazzo che gli lascia affondare i canini nella propria lingua! lo accarezza, lo inebria di quella concessione lasciata a pochi prima d'avvedersi di quella mutazione della sua bocca e ritrarre con tutta la forza concessa dal proprio corpo il capo da quello dell'altro, cercando di voltarlo inesorabilmente dalla parte opposta e con le dita che stringono la sua nuca, cerca d'afferrare la base di quella chioma d'argento per poter strattonare lontano il volto di Sakuya.

Il più piccolo stringe i denti quando i propri capelli vengono strattonati per essere allontanati da lui e le dita del Duca affondano nelle proprie carni, all’altezza dei fianchi.

< Perché lo avete fatto? > Domanda e, ancora, non capisce, mentre Raphael mette distanza tra loro < Perché mi avete fatto assaggiare il vostro sangue se non era vostra intenzione darmelo? > 

Raphael, però non risponde, non finché non inizia ad incamminarsi.

< Puoi averlo da chi vuoi > sussurra in un filo di voce, bassissimo.

Sakuya rimane in piedi a guardarlo indietreggiare e, ancora una volta, non capisce.

< Fermati. Non puoi andartene. > ringhia, passando con voce capricciosa ed infantile a dargli del “Tu”.

< Lo so che posso avere quello di chi voglio. > aggiunge, con lo sguardo focalizzato alla mano di Rapahel che gocciola sangue e l’attrae < Ora voglio il tuo. Fermati ho detto, come osi non guardarmi? > ringhia. Di nuovo. Arrabbiato. Per Raphael che sta fuggendo da lui, nonostante gli abbia ordinato di rimanere.

E, serrando la mascella, l’aura si innalza quel po’ che gli basta per consumare energia e poter utilizzare l’agilità inumana di cui ogni Vampiro è dotato, cercando di balzare sulle spalle di Raphael, con la ferocia di un predatore, per cercare di atterrarlo. Fermarlo. Impedirgli di andarsene così!

Raphael lo lascia fare, ma si piega sulle ginocchia e con il braccio gli afferra il bavero della casacca per buttarlo in terra, davanti a sé.

Sakuya non ha modo, né tempo di difendersi.

Atterra in un ringhio sommesso, mettendosi seduto e passandosi il dorso delle mani sul volto, per asciugarlo dalla pioggia o dal rischio di macchiarsi d’erba. Occhi di zaffiro e d’argento fuso, che ribolle in venature che mano a mano si allargano sull’iride, si alzano per venir puntati contro la figura di Raphael, in piedi davanti a sé. 

< Non ti ho fatto niente, se non volevi darmi il tuo sangue non dovevi farmelo assaggiare. > ruggisce, la sua vocetta asessuata, colando dalle labbra insieme alla pioggia che ha ormai appiccicato i propri vestiti al corpo, come una seconda pelle e che si deposita con gocce trasparenti tra le ciglia lunghe e chiare. 

< E’ colpa tua. >Afferma alla fine, facendo l’unica cosa che il figlio di un nobile, infantile e prepotente, potrebbe fare: dare la colpa agli altri.

< Io voglio dartelo, è proprio questo il problema, stronzo!> lo sbotto di Raphael è un ringhio gutturale ed improvviso, che si impone sul più piccolo e lo mette a tacere per lunghi secondi < Non dovrebbe essere così, è una follia volerti regalare il mio prezioso sangue, essere infastidito all'idea che tu possa assaggiarne dell'altro o preferirne dell'altro al mio o che tu conceda il tuo prezioso e magnifico sangue, corpo e quant'altro puoi a qualcun'altro... è una competizione che non mi ha mai sfiorato, perché io sono il migliore, sono superiore a tutti e con te... Porca Troia con te ho paura di non esserlo, ed è una follia! > 

Si affretta ad allontanarsi, questa volta, perché Sakuya non possa più fermarlo.

Il più piccolo però rimane immobile, fermo, tremando a terra con gli occhi sbarrati e qualcosa nel petto che, scopre, fargli male da morire. Non lo ferma, ma quando si afferra il petto lo sente quel cuore finto che gli brucia come mai prima d’ora.